sabato 24 novembre 2018

LA FORTEZZA DELLA SOLITUDINE

-Ti puoi mettere le scarpe che andiamo a prendere Giulia?-
-Io non vengo, sto qui da solo-
-Non puoi stare qui da solo, non hai neanche cinque anni, mettiti le scarpe-
-Io voglio stare qui da solo, io sono la fortezza della solitudine-
Come gli vengano certe frasi devo ancora capirlo. Mi ammutolisce.

Lui è così, definirlo speciale non è abbastanza, stravagante? Forse, imprevedibile? Di certo. Ripercorro alcune scene banali ma non troppo:
Fila alla cassa del supermercato, quando gli lascio prendere un ovetto di cioccolata, che non mangerà, ma c’è un super pigiamino come sorpresa e non riesco a trattenerlo. Tanto che lo apre mentre riempio le borse. Salvo poi impiastricciarsi tutte le mani.
L’attimo dopo è una signora di una certa età che mi guarda sbigottita, perché le mani impiastricciate di cioccolata si stanno pulendo sul di dietro del suo cappotto, sfortunatamente beige. Io non so neppure cosa dire, mi scuso, mi riscuso, offro di occuparmi del lavaggio a secco. La signora se ne va scuotendo la testa.

Festa di compleanno di una compagna di classe, arriviamo sotto una piogerella fine, sotto l’ombrello che vuole tenere lui, quando arriviamo mi accorgo che le feste sono due, in stanze attigue, faccio fatica a orientarmi io, figuriamoci lui. Comunque individuo la nostra, conosco un paio di madri, conosco meglio i bambini, e mi siedo, non tranquilla, lo osservo, aspetto. Chiaramente elegge come festa quell’altra, forse ci sono più maschi, più palloncini, più monopattini da rubare. Infatti ne ruba uno, poi un altro. E io sto lì, in una stanza piena di sconosciuti, c’è  un vecchio compagno di liceo, che sembra riconoscermi, mi guarda interrogativo.
No, non sono invitata, ci siamo infiltrati. Scappiamo appena i proprietari legittimi dei monopattini strillano come disperati, e lui, per consolarsi si rifugia in uno sgabuzzino, e prende la borsa di una mamma e il di lei telefono.
-Mi accendi questo coso? -
-Ti dò il mio, però andiamo-
-Si andiamo, non mi piace questa festa, posso spegnere le candeline prima?
-No-

Siamo ai giardini, di solito non succede nulla di inquietante, tranne abbracciare qualche albero, comunque non disturbiamo nessuno. Di solito.
Ruba nuovamente un monopattino, ma ai giardini è lecito,  lo fanno un po’ tutti, chè se hai la bicicletta vuoi il monopattino, se hai una palla, vuoi la macchinina, e viceversa, insomma, situazioni comuni.
Con destrezza recupero il monopattino, lo rimetto dov’era prima, mi allontano quatta quatta.
-Sei la mamma di ieri? Quella della festa?
Beccata.
Niente è la mamma a cui abbiamo rubato il telefono, la mamma del bimbo alla cui festa ci siamo infilati meno di ventiquattrore prima.
Per fortuna sorride, ha un paio di figli, dice di capire, anche se non credo del tutto.

Noi siamo questi qui, lui è questo qui, che va a un’altra festa e in quattro secondi quattro, tempo di appoggiare la borsa e la giacca su una seggiola, e ha già smontato un castello di bicchieri rosa.
Ci riprende la nonna, rifaccio il castello, mi scuso, tanto so che non serve, altri quattro secondi e so che lo rismonterà.
Sono così stanca di chiedere scusa che mi allontano, intravedo una birra, la apro, la bevo. La nonna mi scruta, da lontano, lui per fortuna è scomparso sotto un trionfo di palline.

Domani avremmo un’altra festa, ha detto che non ci vuole andare, che sta bene a casa sua. Non dovrei, ma tiro un sospiro di sollievo.
-Giorgio sai che tra un po’ è Natale? Sai chi è Babbo Natale?
-No-
-E’ un signore vecchio e buono che vive al polo nord e che a natale porta tanti regali a tutti i bambini. Se gli scriviamo una letterina, puoi chiedere il regalo che ti piace. Che dici? La scriviamo la letterina?
-No-
-Perchè no?-
-Non li voglio i regali di Babbo Natale, che li porti agli altri bambini-

Ecco, appunto. Mio figlio: la fortezza della solitudine.

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