sabato 26 novembre 2016

OPEN DAY

E' la prima volta che entro in questa scuola, però mi sembra di averla già vista, trent'anni fa. il colore dei muri, le porte ingiallite, i banchi di legno scarabocchiati, le seggioline che potrebbero tranquillamente essere quelle non di trenta ma di cinquanta anni fa.
Di diverso ci sono i computer, le lavagne interattive, i ragazzi e probabilmente io.
Mi fa un certo effetto pensare alla mia ragazza su un banco delle superiori, mi fanno effetto questi ragazzini, che paiono tutti belli, educati, felici. Saranno i quarantatre anni che compirò tra una settimana, e la nostalgia del mio liceo, perchè i sedicenni non sono tutti belli, di sicuro non sono tutti felici e neppure così educati.
Però oggi sì.
Si sono vestiti bene, si sono cuciti addosso una veste un po' più adulta di quella che portano ogni giorno, si sentono protagonisti, e lo sono. Inspiegabilmente ascolto  loro più dei professori, della preside, delle altre mamme, mi catturano la loro naturalezza, i loro passi leggeri, la sicurezza sfrontata, ma forse è parte della veste.
Cerco nei loro occhi l'entusiasmo, la gioia, l'adrenalina, e le trovo, insieme a qualche punta di malizia, ma innocente.
Vedo un progetto fantastico opera di una donna nevrotiva e ansiosa, e riconosco la magia di chi sa prendere un ragazzo e portarlo sulla strada della fatica e dell'impegno.
Io ne ho avuti di professori così, e li ricordo ancora tutti.
Spero che mia figlia passi i prossimi cinque anni in un posto che senta allegro, familiare, felice. Spero che incontri amici preziosi e professori appassionati, spero di vederla tra un paio di anni a trasmettere quello che oggi quattro facce imberbi hanno trasmesso a me.
Che saranno cambiati i tempi, ci saranno smartphone, snapchat, youtube, e tanto altro che non so neppure,  ma su quei banchetti si scrive ogni anno la stessa storia, da venti trenta cinquant'anni ed anche più. Amicizie, passioni, delusioni, paure, rabbia, ricordi, coscienza.
Vado a dormire con il buonumore,  penso che farò gli open day di tutte le scuole di Bologna,  primo perchè era un pezzo che non vedevo tanti vecchi amici, secondo perchè sedersi su quelle seggioline antiche quasi mi commuove.
E non sono i quarantatre anni, ma alcune poesie che ancora rileggo, una chat whatsapp con i miei compagni della 5 F, una canzone che canticchio ancora ogni tanto, scritta da chi poi ha fatto il poliziotto, i messaggi facebook con un amico di 5 C, che giusto ieri ha postato la foto della targhetta della loro aula. A nostalgia forse mi batte.
Grazie a Dio la mia scuola non esiste più materialmente, ora ci sono appartamenti, una pizzeria chiusa, e qualche ufficio, altrimenti la retorica che ho sciorinato in questo post prendeva una china melensa e patetica, magari l'ha presa.
Perdonatemi,  è la primogenita, mi sembra ieri che le cascavano i denti, e di colpo dobbiamo scegliere le superiori. Sono emozionata, colpa delle luminarie natalizie, della fatica, di un anno un po' difficile,  o di tutto insieme, o solo di un paio di rughe nuove.
Per fortuna c'è stato il black friday, la linea antinvecchiamento del dott. Perricone al cinquanta per cento, e l'open day del Righi, insieme al trascurabile evento che è l'ingresso di Giorgio nel mondo di noi esseri parlanti. E ho detto tutto.

domenica 6 novembre 2016

FIGLI MASCHI FIGLIE FEMMINE

Dicono che l'amore delle madri per i figli maschi sia un sentimento cieco e totalizzante, al limite del morboso. Non so se è vero, per quel che mi riguarda ero morbosa anche con Giulia, quindi non credo sia una questione di sesso, ma di carattere, situazioni, stati d'animo.
Giulia è già quasi una persona, ha ancora tanto da maturare, ma il suo carattere c'è, definito e chiaro.   Vedo gli spigoli che dovrà smussare, l'impulsività che dovrà dominare, vedo la punta di dolore che porterà certa schiettezza.
E' straordinariamente simile a suo padre, il che me la fa amare ancora di più, perchè rivedo in lei i tratti della perona che ho scelto. All'amore che avevo per lei bambina, si è aggiunto quello più consapevole per lei ragazza bellissima e dolce, buona e simpatica, brillante e arguta.
E' forse una delle emozioni più grandi di una madre, vedere non crescere, ma maturare i propri figli, vederli prendere delle decisioni, afferrare coscienza di sè, cadere in errore ed imparare qualcosa,  qualcosa che si portano dietro, magari per sempre. Lo trovo magico.
Per cui non credo tanto all'amore unico ed incontrastato verso il figlio maschio, fino a qualche anno fa poi, non avrei avuto neppure un dubbio.
Ora però c' è lui, che una persona ancora non lo è del tutto, o se lo è, è un carboncino diesegnato su una tela, e ne vedo solo i tratti, qualche ombra, qualche luce.
Non so se assomigli a qualcuno di noi, so solo che quando ha bisogno di qualcosa se la prende, a costo di fare un castello di sedie, se ha fame prende un biscotto, se ha sete prende un bicchiere e ci versa l'acqua. Si arrangia, in poche parole. Ama stare anche solo, con le sue macchine, il suo treno, un libro con le finestrelle.
Pare che non vada bene, quindi mi adopererò per guarirlo da questa troppa autonomia, e da questa indole solitaria, ma non sono convinta,  quest'arte di fare da soli la conosco bene, è un'amica mia.
Forse è la moda di oggi, condividere, sempre e comunque. Avranno ragione loro: socializzare, giocare con gli altri, chiedere aiuto, tutte cose importanti.
Eppure.
Eppure un po' mi ribello, perchè sento un sintonia unica con questa piccola persona che ogni tanto si basta, che non vuole disturbare, che parla tra sè e sè.
E se lo copro di baci, non è perchè è un maschio, ma perchè arriccia la bocca in un modo unico, perchè soffia, perchè dice uffa, santa pazienza, medda e chi palli.
Perchè prende i libri da solo, anche i miei, li sfoglia, li annusa, a volte li usa come rampa per le macchine.
E' vero, parla poco, se vuole essere cambiato si sdraia sul divano gambe all'aria, se ha sonno sale su una sedia e spegne la luce, e se vuole farmi felice mi lancia i baci con la mano, o mi accarezza la testa.
Ma non abbiamo fretta, parlerà quando ne avrà voglia, per ora ci accontentiamo di un ragazzino che dorme fino a tardi la domenica,  si alza, c'è già luce, invece di venire a letto da me, corre in cucina sale sullo sgabello,  riempie la moka, perfettamente, e quando arrivo, trafelata dal letto, con l'ansia che abbia preso un coltello, o che  abbia aperto una finestra:
-Giorgio, cosa fai?-
lui si gira, con naturalezza: 
-Mamma, caffè-