venerdì 27 luglio 2018

C’e Una ragazza


-Ho preparato la bustina con i medicinali: moment, oki, cerotti, salviette disinfettanti e tachipirine, Mi raccomando, non darli a nessuno, è una regola. Mi ascolti? Giuli mi ascolti?
-Eh?
-I medicinali, Giuli, i medicinali! La tachipirina 500…-
-Se ne prendi due… diventan mille….
C’è una ragazza, assomiglia a mia figlia, che disintegra un momento di agitazione pre partenza cantando Calcutta.
-Hai preso gli asciugamani? Le mutande? Il libro da leggere? Un quaderno, che so? Prendere due appunti?
-Gli asciugamani? Ops.
-Scusa cosa hai fatto tutt’oggi?
-Sono andata a fare le ultime spese: il mascara, le salviette struccanti, più comode dell’acqua micellare, shampoo e balsamo.
C’è quest’altra ragazza, anche lei simile a mia figlia.
Comunque è partita. Ha chiuso una valigia le cui cerniere salteranno sicuramente durante il volo, controllato documenti, soldi, beni di prima necessità come carichino del telefono e presa inglese, separato liquidi oltre cento cc, e se ne è andata nel mezzo della notte, con i capelli ruffi e gli occhi assonnati.
Di nascosto ho preso il suo beauty e ho infilato un dentifricio, i benedetti medicinali da banco, un tronchesino per le unghie, un phon.
-Mamma hai messo tu il phon in valigia?-
-Sì-
-Vabbè. Puoi controllare se ho preso tutto?-
Poi ci siamo acquattate sul divano, a guadare Tutto può succedere, e niente, Marco sta per tradire Cristina, ma solo perchè è un momento difficile, non la vuole veramente tradire, ha solo bisogno di un po’ di evasione.
-Certo che è proprio un infame!- dice senza pietà
-Ma non ha fatto niente di male, non l’ha neanche baciata!
-Sì però ha detto una balla, è un infame. Punto.
Mi fa paura questa rigidità, ma ha quattordici anni, ci può stare, e poi è tardi per intavolare una discussione su tolleranza, comprensione, condivisione. Lascio stare. Cambio canale.
-Mi mancherai- le dico
-Anche tu- mi abbraccia.
Chissà. Magari è pure vero.
-Scusa ma stai guardando gli incidenti aerei? Cioè devo prendere un aereo tra sei ore!
-Hai ragione, scusa.
-Come sono andata oggi in inglese?
-Neanche male. Ti manca giusto la versione di ‘praticamente’ in inglese, però puoi usare : actually, by the way, anche gli inglesi usano gli intercalari, cosa credi?
-Vabbè, provo a dormire. Ma ti svegli alle due e mezza per salutarmi?
-Certo.
Mi sono alzata, alle due e mezza, l’ho abbracciata sulla porta, e per fortuna lo stordimento notturno ha evitato scene di emotività complessa e struggente.
Ora è là, non mi ha ancora mandato una foto, non ha postato nulla, nessuna storia, nessuna diretta. Oppure sono io che non sono becco mai il momento giusto.
Telefona e racconta poco e nulla: il college che assomiglia a una prigione, come se mai l’avesse vista, una prigione.  La cena servita alle diciassette pomeridiane, una pazzia, ha commentato.  Molti italiani, poi russi, e spagnoli.
Ah, non ci sono grucce,  pochissima carta igienica, e nessuna traccia di tenda doccia.
-Ma perché? Avete il bagno in comune?
Non ha risposto, ha cambiato discorso, qualcuno, un italiano, ha portato la macchietta del caffè, la vecchia intramontabile moka.
-Ma da quando bevi il caffè?
-Da stamattina.
C’è una ragazza, a millesettecento chilometri da me, si chiama Giulia, assomiglia a mia figlia, ha i suoi stessi capelli lunghi e biondi, e ha cominciato a bere caffè.

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