sabato 1 luglio 2017

DUE COSE


È possibile che l’esame di terza media sia uno scoglio che ho sottovalutato, forse perché dal mio sono passati trent’anni e ricordo solo due cose: qualcuno che mi sottrae la bella copia del compito di matematica a una decina di minuti dalla consegna e una gonna di cotone blu con le balze che avevo all’orale.
Non saprei neppure il voto che ho preso se non me lo avesse ricordato pochi giorni fa la stessa persona che mi sfilò il compito.
Voglio dire: ci sarà il liceo, magari l’università, e nessuno mai ricorderà questo preciso esame, il cui peso specifico nella vita e nella carriera lavorativa di chiunque è pari al foglio su cui ne sarà stampato il voto.
Eppure oggi, mentre aspettiamo in sequenza:  il caldo torrido di caronte, il concerto di Tiziano, e, per concludere, il giorno dell’orale, in casa l’aria si è fatta pesante. Di solito ho una soluzione per tutto: per caronte ho una nuovissima ed efficace aria condizionata, per Tiziano ho promesso di comprare una bandana, ho  guardato la scaletta e ascolto la playlist malinconica senza battere ciglio,  per l’orale invece non so che fare oltre a guardare per la terza volta Pearl Harbour ed il ciuffo biondo tinto di Ben Affleck. 
In realtà una strategia l’avevo: ho mandato via il piccolo disturbatore, ho ricavato un po’ di tempo dal lavoro, e soprattutto ho incamerato buonumore, energia e ottimismo a prova di adolescente nervosa e scostante.
Ma non basta. Se oso dare qualche consiglio  a bassa voce, come al solito non ho capito niente,  se faccio una domanda di storia è quella sbagliata. Se minimizzo l’importanza di questo esame rischio di essere incenerita, se  provo con la distrazione, di nuovo non ho capito.  Non è tempo di frivolezze, lei DEVE studiare. 
Mentre capisco e riconosco questa agitazione pre esame, soprattutto di chi porta la lettera A ed è il primo del registro, cerco di insistere sul fatto che essere i primi è un vantaggio, ma di me non si fida, non so perché. Forse mi odia.
Io credo che anche lei, come me, dimenticherà parte di queste giornate, tutto di questa ansia, e forse anche l’esame intero.
Quindi oggi scrivo due cose, perché voglio, un giorno tirarle fuori dal cappello e farla ridere.
La prima è lei nella nostra piccola cucina, i pantaloncini di jeans, una maglietta a righe e i capelli raccolti sulla testa. Balla una canzone di Tiziano, la canta dall’inizio alla fine, con le sue mosse da musically, quelle che di solito detesto. Ma non stasera. 
La seconda è questo brandello di interrogazione, in cui mi calo perfettamente nella professoressa che avrei anche potuto essere, e simulo l’orale di italiano:
-Dunque Ancarani, tra i personaggi dei Promessi Sposi quale ti sembra il più complesso, o quale è la figura che ti ha colpito maggiormente?-
-Direi l’Innominato-
-Bene Ancarani, e dimmi, ti è piaciuto il romanzo?-
-Si, mi è piaciuta la storia, i personaggi, il fatto che passano in mezzo a molte difficoltà. Solo una cosa mi ha deluso-
-Davvero? Che cosa ti ha deluso? -
-Il finale.  Francamente, dopo tutte quelle pagine, neanche un minuto per il matrimonio. Insomma da Manzoni mi aspettavo un po’ di più. Non sei d’accordo?-




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